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Legislazione e stato dell’arte

Il profilo dell’Osteopatia, definito leader, dalla Consulta delle Professioni non Riconosciute, istituita dal CNEL , nel Secondo e Terzo Rapporto di monitoraggio attribuiva all’osteopatia, già dal 1999, un’identità professionale propria ed autonoma.

Il dibattito è aperto da tempo e già il Parlamento Europeo invitava gli Stati membri con una Risoluzione alla legalizzazione ed all’armonizzazione dell’osteopatia e delle altre MNC. A tale scopo erano stati stanziati dei fondi europei (dal Processo verbale del 29/05/1997).

Oltre a rappresentare un’ampia e variegata offerta di servizi nel settore della salute, della prevenzione e del mantenimento dello stato di benessere, sempre più richiesti e presi in considerazione dai cittadini utenti, va sottolineato come le MNC racchiudano un potenziale occupazionale di notevole interesse oltre ad essere ritenute spesso più convenienti nell’approccio e nella cura di numerose affezioni socialmente incidenti in termini di costi e giornate produttive perse.

La premessa della Risoluzione Europea considerava l’importanza, da un lato, di garantire ai pazienti la libertà possibile di scelta terapeutica, assicurando loro nel contempo un elevato livello di sicurezza, un’informazione trasparente e in merito all’efficacia, del trattamento osteopatico garantendo uno elevato standard formativo a protezione dell’utente e recita testualmente: [omissis] E’ opinione sempre più ampiamente condivisa, anche da numerosi medici, secondo cui le medicine non convenzionali, fra cui l’osteopatia, pur utilizzando diversi metodi di trattamento e/o un diverso approccio alla salute e alla malattia non si esclude dalle professioni sanitarie primarie, ma reciprocamente può essere utilizzata in modo complementare e vantaggioso.

[omissis] […] però soltanto alcune di esse soddisfano i seguenti criteri: una forma di riconoscimento giuridico in taluni Stati membri, una struttura organizzativa sul piano europeo e una disciplina di autoregolamentazione, […] considerando il trattato CE, in particolare il titolo III, articoli 52-66, concernenti la libera circolazione delle persone e la libertà di stabilimento; ritenendo che l’eterogeneità in materia di status e di riconoscimento di ciascuna delle discipline mediche non convenzionali in seno all’Unione costituisca un ostacolo a tali libertà; che la libertà di esercitare di cui godono attualmente taluni terapeuti sanitari nei loro Stati non dovrebbe essere limitata in nessun caso da una modifica dello statuto o dello stato di riconoscimento di tali discipline a livello europeo e che da tutto ciò non dovrebbe derivare alcuna restrizione della libertà di scelta terapeutica dei pazienti riguardo ai trattamenti medici non convenzionali.

Il vuoto legislativo italiano in materia di esercizio dell’osteopatia è stato colmato dal Registro

degli Osteopati D’Italia a garanzia e tutela degli utenti dell’osteopatia, con l’organizzazione e l’adeguamento della professione osteopatica agli standard formativi e professionali europei

mediante una autoregolamentazione dei professionisti che si adeguano allo statuto, al codice deontologico, e dal regolamento interno del Registro professionale.

Alle linee guida formative europee si adeguano le scuole del territorio nazionale che aderiscono, in seno al Registro, mediante la coordinazione di una Commissione Didattica ad hoc. Coloro che accedono alla professione dopo questo iter formativo risultano catalogati e censiti in un apposito elenco pubblicato ed aggiornato annualmente dal Registro degli Osteopati D’Italia .

Per l’osteopatia, come per le altre terapie non convenzionali, è necessario individuare chiaramente l’acceso agli studi clinici, alla valutazione dei risultati del trattamento, agli studi fondamentali (meccanismi d’azione) e scientifici o ricerche accademiche atti a validarne l’efficacia, partendo dal presupposto che tale valutazione deve aver luogo secondo le metodologie abituali in ogni terapeutica umana, ovvero quelle basate sulle conoscenze scientifiche del momento, e in particolare consentendole l’accesso a quelle specifiche delle scienze biologiche e statistiche.

La regolamentazione e il coordinamento dei criteri di formazione che gli osteopati italiani ed europei si sono autoimposti costituiscono, attualmente, una garanzia indispensabile per i cittadini; considerando che è imperativo, sia nell’interesse dei pazienti che in quello dei terapeuti, che l’armonizzazione europea sia fatta a un alto livello di qualifiche e competenze che sia richiesto in ogni caso l’ottenimento di un iter di formazione riconosciuto dallo Stato, ma che risponda alle esigenze specifiche osteopatiche con livelli di formazione adeguati ai principi sanitari generali richiesti da ogni atto terapeutico nonché alle specificità della disciplina .

Nonostante tutto occorre precisare che la situazione italiana attualmente si presenta confusa con interpretazioni discordanti tra la Corte Costituzionale, il Consiglio Superiore di Sanità, gli Ordini dei Medici e la realtà di circa 5.000 operatori che esercitano le loro professioni con il solo riconoscimento del regime fiscale.

La Regione Piemonte per prima in Italia, ha posto regole per il monitoraggio dell' esercizio professionale sul suo territorio (L’Ordine dei Medici ha presentato ricorso, poi accolto, alla Corte Costituzionale che ha cassato la legge regionale per una questione di competenze legate alla devoluzione della sanità alle Regioni).

Altre Regioni Italiane seguendo l'esempio piemontese si sono attivate organizzando di concerto con gli Assessorati regionali competenti la promulgazione di leggi di normativa regionale, ma il prodottto ad ora inquadra il tutto quali “discipline bionaturali” in un contesto rivolto prevalentemente al benessere ed al suo mantenimento, escludendo qualsiasi riferimento al sanitario.

La Legge Quadro Nazionale (Medicine e pratiche non convenzionali AC 137 ed abbinate, Relatore On Paolo Lucchese) prevedeva che la professione osteopatica potesse essere esercitata in forma autonoma e primaria con un percorso formativo universitario quinquennale.

L'osteopatia veniva successivamente riconosciuta come atto medico e, quindi sanitario, dal congresso di Terni della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri (FNOMCEO).

Il riconoscimento quale atto medico non implicava che la professione dovesse essere necessariamente svolta esclusivamente “manu medica”, ma indicava che essa potesse rientrare nel settore sanitario.

Attualmente sono in corso percorsi di tipo certificativo di terza parte inerenti la qualità delle prestazioni erogate, gli standard formativi nelle scuole del registro e l’aggiornamento professionale continuo degli osteopati italiani.(fonte:www.Roi.it)

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